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Tumore della vulva

tumore collo utero Con la dizione di neoplasia della vulva si comprendono tre tipi istologici differenti: la neoplasia squamosa, la malattia di Paget e il melanoma. La neoplasia che deriva dell’epitelio squamoso pluristratificato viene identificata comunemente con l’acronimo VIN (vulvar intraepithelial neoplasia) e rappresenta circa il 90% delle neoplasie intraepiteliali che colpiscono il distretto vulvare.
Attualmente si suddivide la VIN in due tipi istologici, che possiedono differenti caratteristiche epidemiologiche e comportamentali: VIN classica o indifferenziata o basaloide (caratteristica delle donne giovani, correlata all’infezione da HPV e meno soggetta a progressione invasiva) e la VIN simplex o differenziata (caratteristica delle donne anziane, spesso associata a dermatosi vulvare croniche quali il Lichen sclerosus, non correlata all’infezione da HPV e più soggetta a progressione verso la forma invasiva).
La sintomatologia è spesso assente. Dal punto di vista obiettivo la VIN indifferenziata si presenta come lesioni papulari o condilomatose, di colore variabile dal bianco al rosso con aree iperpigmentate, spesso multifocali che insorgono prevalentemente in donne in età fertile. Le VIN differenziate si presentano come lesioni meno ipertrofiche, di colore bianco, prevalentemente unifocali che insorgono generalmente in donne in età post menopausale affette da dermatosi croniche quali il Lichen sclerosus.
Il sospetto clinico di VIN è il frutto di una vulvoscopia, senza l’ausilio di reagenti colorimetrici, a cui segue la biopsia al fine di confermare la diagnosi, definire il tipo istologico e l’assenza di invasione stromale.
Nell’ambito delle neoplasie invasive dell’apparato genitale, le neoplasie vulvari sono considerate rare, in quanto rappresentano circa il 5-7% delle neoplasie genitali e l’1% di tutte le neoplasie femminili. Dal punto di vista istologico il carcinoma a cellule squamose rappresenta da solo circa l’80-90% di tutti i tumori maligni della vulva. Il carcinoma a cellule basali o basalioma (neoplasia tipica della cute esposta al sole) si manifesta con una frequenza che varia tra il 2% e il 10%. Dello stesso ordine di grandezza è il melanoma vulvare. I carcinomi a cellule ghiandolari sono molto rari e rappresentati dalla malattia di Paget invasiva e dall’adenocarcinoma della ghiandola del Bartolino.
L’incidenza del carcinoma squamoso invasivo è calcolata in 1-2 casi per 100.000 donne, e sale a 20 casi per 100.000 quando vengano considerate solamene donne con età superiore a 65 anni. Le varianti istologiche sono rappresentate dal carcinoma squamoso epidermoide a grandi cellule cheratinizzanti (più frequente nelle donne sopra i 65 anni e associato a Lichen slerosus), dal carcinoma basaloide e condilomatoso (più frequente in donne di età inferiore a 60 anni e associato a infezione da HPV 16 e 18), dal carcinoma verrucoso (più frequente in donne molto anziane con età superiore a 80 anni) e dal carcinoma a cellule basali (sovrapponibile al basalioma). Queste ultime due forme, pur essendo invasive, possiedono un basso o quasi nullo rischio di metastasi.
La neoplasia si presenta come una placca, nodulo, vegetazione, spesso associata a ulcera e perdite maleodoranti. Caratteristica comune di queste neoplasie è il linfotropismo e le prime stazioni linfonodali raggiungibili sono quelle inguino-femorali a cui seguono quelle pelviche.
L’approccio terapeutico standard è la chirurgia che consta del tempo vulvare (vulvectomia totale o settoriale) e del tempo inguinale (linfoadenectomia inguino-femorale totale).