Tumore al collo dell'utero
Il cancro della cervice (collo dell’utero) è il secondo più comune cancro delle donne nel mondo (con 500.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno e 230.000 decessi per anno) e il quarto nel mondo occidente.
In Italia colpisce 3700 donne/anno (ovvero 1 donna su 10.000 all’anno) con 1000 decessi/anno.
La sopravvivenza a 5 anni è di circa il 70%.
La fascia di età maggiormente coinvolta è quella tra i 55 e i 65 anni, anche se non sono rari i casi in cui sono coinvolte donne più giovani o donne in gravidanza.
Si definisce giunzione squamocolonnare la linea di confine tra l’epitelio squamoso che riveste l’esocervice/vagina e l’epitelio colonnare di tipo ghiandolare che riveste il canale cervicale.
A seguito di infiammazione, traumatismi o squilibri ormonali, la giunzione squamocolonnare subisce dei danni con la perdita del rivestimento originario (soprattutto quello ghiandolare che è più delicato) che viene rimpiazzato da un terzo tipo di epitelio detto di riparazione o metaplastico, creando un’area chiamata zona di trasformazione.
Il tumore del collo dell’utero si sviluppa prevalentemente in corrispondenza della zona di trasformazione e deriva, nell’85% dei casi, dall’epitelio squamoso di rivestimento (carcinoma spinocellulare), mentre nel restante 15% dei casi deriva dall’epitelio colonnare di tipo ghiandolare (adenocarcinoma della cervice).
Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’infezione del virus del Papilloma Umano (HPV), presente nel 99.7% dei carcinomi del collo dell’utero. Questo virus si trasmette da persona a persona per via sessuale o per contatto intimo pelle contro pelle.
Il numero di contagiati è altissimo: si stima, infatti, che 8 donne su 10 attive sessualmente, abbiano contratto il virus nel corso della loro vita e che, di conseguenza, anche gli uomini siano portatori sani del virus in modo inconsapevole.
Per questo avere più partner (o un partner sessualmente promiscuo) o rapporti sessuali in età precoce, rende più probabili le infezioni da HPV.
La presenza del virus nella popolazione sessualmente attiva è elevata ed esistono tre possibilità di evoluzione dell’infezione: regressione, persistenza e progressione. La maggior parte delle infezioni si risolve senza lasciare alcun segno, solo poche infezioni persistono nel tempo e possono dare origine a lesioni precancerose. Oltre alla infezione da HPV (che rappresenta una causa necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo del tumore) esistono altri fattori predisponenti che possono intervenire nello sviluppo del tumore della cervice uterina, anche se in misura molto inferiore, come il fumo di sigaretta o malattie sessualmente trasmesse (infezioni da Chlamydia, Herpes virus ect).
Le precancerosi sono alterazioni superficiali del rivestimento della cervice uterina, differenti dal tessuto normale; circa il 15% delle precancerosi cervicali più gravi degenera in tumore nell’arco di alcuni anni. Le lesioni precancerose non causano alcun sintomo e vengono rilevate con il Pap test e la colposcopia. Le modificazioni a carico di queste cellule possono essere suddivise in due categorie: SIL (squamous intraepithelial lesion) di basso grado (CIN – cervical intraepithelial neoplasia 1) che si riferisce a variazioni precoci delle dimensioni, forma e numero di cellule che formano la superficie della cervice.
Essi possono andare via da soli, o col tempo, possono crescere e diventare più anomali, formando una lesione di alto grado. SIL di alto grado (CIN2/CIN3) significa che le alterazioni precancerose sono più severe e possono anch’esse talvolta regredire ma alcune di esse nel tempo possono dare origine ad un tumore.
La carta vincente per la battaglia contro il cancro della cervice uterina è la prevenzione; il tumore origina dalle precancerosi offrendo un periodo di tempo in cui intervenire con due strategie preventive: la vaccinazione HPV (prevenzione primaria) e l’identificazione delle lesioni mediante Pap test/Ricerca HPV DNA/Colposcopia con eliminazione chirurgica delle lesioni precancerose (prevenzione secondaria).
Se il tumore è microscopico i test di screening permettono l’individuazione delle cellule alterate. Sarà successivamente necessario eseguire una colposcopia con biopsia, e talvolta l’escissione dell’anomalia colposcopica, per avere la conferma della diagnosi. Se il tumore invece è macroscopico la visita ginecologica può evidenziare la neoformazione cervicale; in questo caso durante la visita si può procedere alla biopsia del collo dell’utero per la conferma istologica.
In genere il tumore microscopico è asintomatico. I sintomi solitamente non compaiono fino a quando non si forma un tumore; le cellule in questo caso diventano cancerose e invasive, crescono all’interno della cervice o invadono i tessuti circostanti. Quando ciò avviene il sintomo più frequente è il sanguinamento. I sanguinamenti possono presentarsi tra i cicli mestruali o dopo i rapporti sessuali e lavande vaginali.
Un aumento delle secrezioni vaginali anomale può essere un altro segno del tumore della cervice. Altri sintomi sono il dolore nella zona pelvica o a livello lombare, sangue nelle urine ed edema degli arti inferiori.
Lo staging è il modo per scoprire se il tumore ha invaso i tessuti circostanti, se il cancro si è diffuso e, in caso affermativo, in quali parti del corpo. Nel caso di tumore della cervice la TAC viene solitamente mirata allo studio di addome-pelvi e, in casi selezionati, può essere estesa allo studio del torace. La RM viene mirata allo studio della zona di specifico interesse ovvero alla pelvi e permette di dimostrare molti dettagli anatomici come le dimensioni, l’estensione longitudinale e trasversale, il contato con gli organi circostanti, il coinvolgimento dei linfonodi locoregionali o metastasi ad altri organi nello stesso distretto.
La terapia del tumore del collo dell’utero si basa su tre punti cardinali: la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia. A seconda dello stadio della malattia può essere indicato un trattamento o un altro, piuttosto che l’associazione di due trattamenti. L’isterectomia può essere semplice o radicale in relazione all’asportazione del tessuto fibroadiposo che unisce l’utero alla pelvi, alla vescica ed al retto (parametri anteriore, laterale e posteriore).
In base allo stadio clinico può essere indicato rimuovere i linfonodi pelvici e/o lomboaortici per verificarne l’eventuale coinvolgimento neoplastico.
Per il trattamento del cancro della cervice la chemioterapia è di solito in combinazione con la radioterapia mentre in caso di tumore che si è diffuso in altri organi la chemioterapia può essere utilizzata da sola.
La radioterapia si integra alla chirurgia e alla chemioterapia nella cura della malattia della cervice. Si distingue in radioterapia a fasci esterni e brachiterapia. La radioterapia a fasci esterni prevede cinque sedute alla settimana di pochi minuti per circa 4-6 settimane.
La brachiterapia generalmente segue la radioterapia a fasci esterni dopo un intervallo di 2-3 settimane attraverso il posizionamento di applicatori uterini direttamente all’interno della malattia in modo da irradiare a dosi elevate senza intaccare la vescica e il retto.
La dose viene solitamente somministrata nell’arco di pochi minuti ed il trattamento viene erogato in poche sedute solitamente a giorni alterni.